La cuoca di D’Annunzio

di Maddalena Santeroni

Per quasi vent’anni Gabriele d’Annunzio comunicò con la sua cuoca per mezzo di una miriade di piccoli biglietti, inviati a ogni ora del giorno e della notte. Messaggi maliziosi, coloriti e affettuosi, indirizzati da d’Annunzio (o meglio dal “Padre Priore”, come spesso il poeta, nell’insolita corrispondenza, amava firmarsi) alla fedelissima Albina Lucarelli Becevello, alias “Suor Intingola”: l’unica donna con cui d’Annunzio visse in assoluta sintonia – e castità dagli anni veneziani al buen retiro finale nello splendido Vittoriale di Gardone Riviera. Sono decine e decine i biglietti per Albina a cui il Vate ha affidato, in ogni momento della giornata, le sue imprevedibili richieste culinarie: costolette di vitello e frittata, cannelloni e patatine fritte, pernice fredda, biscotti e cioccolata, ma soprattutto uova sode, sicuramente l’alimento preferito da d’Annunzio, che ne andava così ghiotto da paragonarne gli effetti a quelli di una “estasi divina”. Salutista attentissimo alla forma fisica, oltre che raffinato gourmet, d’Annunzio alternava infatti giorni di digiuno quasi completo a scorpacciate disordinate e compulsive, spesso provocate dall’arrivo di qualche amante. Erano quelli i momenti in cui il poeta si sbizzarriva maggiormente in dettagliate disposizioni culinarie, con modi ora scherzosi e poetici ora più perentori, indirizzate alla fidata “Suor Intingola”, sempre pronta a preparare sul momento elaborati menù in cui eros e cibo si combinavano in un sodalizio perfetto.